mercoledì 22 agosto 2018

Champion Golfer of the Year


Quelle lingue di terra dura e sabbiosa, racchiuse tra le colline ed il Mare del Nord e continuamente spazzate dal vento.
Terra brulla: solo festuca, cespugli di ginepro ed erica; terra non adatta alle colture, al massimo al pascolo dei greggi di pecore. E' qui, in questo angolo di mondo nel Nord della Scozia, che secoli fa qualcuno, chissà come, inventò il Golf. Nello spazio più pianeggiante ricavò una buca, grande quel tanto per farci entrare una palla fatta di corda e pelle di pecora, vi piantò sopra un'asta con un fazzoletto ad indicarne la posizione, indietreggiò fino a quando quello straccio bianco non fosse diventato un puntino in lontananza. Poi prese un bastone ricurvo e la colpì. Tutto iniziò così.
Da allora il Golf ne ha fatta di strada. Nel corso dei secoli ha preso forma. Codificando il gioco e dotandosi di regole, stabilendo come dovessero essere fatti i percorsi e l'attrezzatura, è diventato uno Sport a diffusione planetaria, uno tra gli Sport più praticati, sicuramente lo Sport che muove più interessi economici al mondo.
Al giorno d'oggi il mondo è cosparso da campi da Golf di una bellezza incomparabile: tra le foreste delle montagne rocciose, sulle isole caraibiche, nei deserti dell'Arizona o a fianco delle spiagge bianche di Mauritius. Campi costruiti con investimenti milionari che offrono al golfista, che sia un professionista del Tour o un semplice dilettante, panorami incredibili e un percorso in cui la natura è in qualche modo stata piegata al volere dell'uomo. Addomesticata, se così vogliamo dire.
Poi un giorno arrivi sui Links: annusi l'aria salmastra e profumata, senti il vento che ti sferza la faccia e fa sbattere la bandiera là in fondo sul green, e capisci. Anche se non sei mai stato lì, capisci che quella è la vera essenza del gioco del Golf. Giocare il tuo miglior Golf non contro chi ti sta di fianco, ma contro il campo che hai davanti. Sembra quasi dirtelo, Carnoustie; io sono qui, sempre uguale, da centinaia di anni. Fammi vedere di cosa sei capace.
E così, per una settimana all'anno, da cento e passa anni, il Golf torna alla sua vera dimensione. I campioni del Tour americano ed Europeo, abituati a ridicolizzare campi molto più lunghi di Carnoustie e con green molto più veloci, devono improvvisamente fare i conti con sé stessi. Qui i numeri non hanno nessuna importanza: non importa quanto tiri lungo il drive, qual é la tua percentuale di sand saves o di putt impucati entro i tre metri. Se giochi sui Links sai che prima o poi il percorso ti metterà alla prova: arriverà il momento in cui, se vuoi vincere, dovrai dimostrare di esserne all'altezza. Non è una questione di tecnica, non solo. E' soprattuto una questione mentale; devi sapere che l'errore fa parte del gioco, devi saperlo accettare ed essere capace di porvi rimedio nel miglior modo possibile. E' in sostanza una sfida, tra il giocatore e il campo. Nient'altro.
Non devi per forza essere migliore dei tuoi avversari, e la storia dell'Open lo insegna. Puoi essere il numero 300 al mondo, come Ben Curtis, o puoi essere Tom Watson, e rischiare di vincere il tuo sesto Open a sessant'anni. Devi solamente essere in grado di giocare il campo al meglio.
E così in un fine settimana di metà Luglio, mentre i grandi del Golf mondiale, da Jordan Spieth a Tiger Woods, da Rory McIlroy a Justin Rose, si inchinavano davanti a Carnoustie, un solo giocatore, colpo dopo colpo, buca dopo buca, riusciva in un'impresa eccezionale, la cui portata ancora adesso non è stata compresa: due giri perfetti, senza perdere nemmeno un colpo, su un percorso tra i più difficili al mondo. Impresa mai riuscita a nessuno in passato.
Il nostro Francesco, incurante delle difficoltà, dei colpi sbagliati, del tifo che incitava un Tiger Woods in rimonta, si è presentato sul green della 18 dopo un approccio fantastico e ha suggellato un torneo memorabile con un birdie che ha riassunto tutta una carriera golfistica.
In quel momento Chicco non ha battuto i suoi avversari; ha vinto la sua personale battaglia con Carnoustie.
Cala la sera sulle terre di Scozia, e il volto di Molinari illuminato dagli ultimi raggi di sole e dai riflessi scintillanti della Claret Jug diventa improvvisamente quello di un ragazzino; di quel ragazzino che aveva pianto per la sconfitta di Costantino Rocca al Playoff tanti anni prima e che oggi solleva al cielo il trofeo più antico, amato e ambito da tutti i golfisti del mondo.
E quel titolo, che per quasi centocinquant'anni di Golf ha suggellato il successo dei più grandi giocatori di sempre, oggi, incredibilmente, appartiene a noi italiani. Francesco Molinari, Champion Golfer of the Year. Well Played, Francesco!


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