sabato 11 giugno 2016

Lo Zen e il gioco del Golf


Credo che nel corso degli anni siano stati scritti milioni di libri sul gioco del golf. Per non parlare delle riviste del settore e, con l'avvento di Internet, dei blog, dei siti, dei forum; se sei un golfista ti imbatti ogni giorno, inevitabilmente, in qualcuno che ti dice "É semplice, ti spiego io come fare". La considerazione che mi viene spontanea é che se la maggior parte di loro sapesse anche mettere in pratica quello che insegna, il mondo sarebbe pieno di fenomeni in giro sui Tour professionistici.
Ciò non accade, per il semplice motivo che sapere come la cose vadano fatte non implica che si sia in grado di farle. D'altra parte, e a ragion veduta, credo che il golf sia l'unico sport in cui il consiglio a un avversario, venga sanzionato. In breve, il golfista porta in sé l'attitudine a dire agli altri come si fa.
In questo blog non ho mai parlato di tecnica: quello che ha scritto Ben Hogan basterà ancora per molte generazioni a venire. Mi permetto solamente di consigliarvi una lettura che ho trovato estremamente illuminante: la miglior cosa che ho letto sul Golf da tanto tempo a questa parte. Stranamente, questo libro non parla di tecnica, e nemmeno di Golf.
É un piccolo libro, forse un centinaio di pagine, e si intitola "Lo Zen e il tiro con l'arco". Lo lessi per la prima volta una trentina di anni fa, quando per me il Golf era solamente un passatempo di derivazione anglosassone. Rileggerlo oggi con gli occhi del golfista me ne ha fatto comprendere l'essenza in tutta la sua importanza.

A questo punto penserete che un bell'articolo di Hank Haney che vi spiega come uscire dal bunker migliorerà il vostro gioco molto più di un libro scritto ottanta anni fa da un tizio che non sapeva nemmeno dell'esistenza del Golf (Eugen Herrigel, per inciso). Sbagliato. In poche parole, il libro parla di come il protagonista, soggiornando in Giappone per un lungo periodo, si avvicini al tiro con l'arco con l'approccio pragmatico dell'uomo occidentale e di come il suo Maestro, poco alla volta e non senza fatica, lo conduca ad affrontare questa disciplina rovesciando tutte le convinzioni proprie della cultura occidentale.
Cosa sia la filosofia Zen non é cosa facile da spiegare, e io non sono certo un esperto: in modo molto stringato si puó dire che lo Zen é "trascendere il dualismo".
Tutti noi viviamo in un mondo deterministico, in cui il principio di causa ed effetto domina la nostra esistenza: se piove e non ho l'ombrello mi bagno, se dimentico il latte sul fornello questo va di sopra. Allo stesso modo il golfista sa che se stringe troppo il grip venendo dall'esterno probabilmente farà slice. O forse no? Perché dopo anni di pratica anche a qualcuno di voi sarà venuto il dubbio che la correlazione causa-effetto nel Golf non sia una regola scolpita sulla pietra...
Lo Zen non nega il principio causa-effetto; semplicemente invita ad andare oltre, a dimenticare che ogni azione produce una reazione, che ogni cosa ammette implicitamente il suo contrario. Applicare questo principio al tiro con l'arco, o se preferite al Golf, significa dimenticare che il nostro gesto tecnico provoca il colpo. Il fine ultimo dell'arciere é fare sí che la freccia "si scocchi". Per fare questo l'allievo dovrà riuscire a raggiungere uno stato mentale di assoluta estraniazione dal gesto. E' un po' come essere "In the zone" quando si gioca a Golf; le cose vengono naturalmente, senza nessuna costrizione.
Il maestro dice all'allievo: "Potrai imparare tutto ciò che si può sapere sulla tecnica del tiro con l'arco, ma se non sarai capace di dimenticare tutto prima di scoccare la freccia, non sarai mai un arciere". Ma arrivare a ciò significa affrontare un percorso lungo e incerto, in cui il protagonista si trova combattuto tra la volontà di seguire il maestro pur senza comprendere, e la necessità tutta occidentale di razionalizzare ogni sua azione e di capirne il significato.
I parallelismi tra il tiro con l'arco e il Golf si susseguono pagina dopo pagina. In entrambe le discipline, ad esempio, è fondamentale raggiungere uno stato di rilassamento, eliminando ogni tensione. Come dice Ben Hogan "la tensione uccide la velocità", e allo stesso modo, nel tiro con l'arco, "la tensione uccide la precisione." Il rilascio della freccia, semplicemente accade. Non c'è intenzione nel gesto, non c'è volontà. Parlando di altre analogie con il Golf, ad esempio, il Maestro insiste sul fatto che tutto ciò che viene fatto prima del gesto, la vestizione, la cerimonia del té, il saluto tra maestro e allievo sia ben più importante della pratica del tiro in sé.
Tutto ciò che viene fatto prima del gesto fa parte e si esprime nel gesto. Parafrasando tutto questo in ambito golfistifco, si potrebbe dire che la routine, cioè quella serie di gesti regolari e ripetitivi che facciamo prima del colpo, è molto più importante dello swing in sé. Per il semplice motivo che non possiamo avere il controllo del movimento mentre lo stiamo eseguendo; lo swing è semplicemente la risultante di tutto ciò che abbiamo fatto prima.
L'ultima e più importante regola che il Maestro insegna all'allievo, questa mutuata dall'arte della spada Shogun, é che non si deve mai temere l'errore. La paura di sbagliare condiziona il gesto, che deve invece essere libero da qualsiasi costrizione: in nessun caso il duellante si deve chiedere quale sarà il risultato del suo gesto; il gesto deve esistere in sé, quasi non fosse provocato dalla volontà umana.
Non so e sia stato un caso, ma dopo aver letto il libro ho fatto un giro 4 sopra par, che è il mio migliore risultato di sempre. Quando a volte la filosofia può aiutarti a giocare bene a Golf. Incredibile.




 


 




 

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